La Banca d’Italia, in linea con analoghe iniziative della BCE e di altre autorità di vigilanza nazionali, ha elaborato un primo insieme di aspettative di vigilanzasull’integrazione dei rischi climatici e ambientali nelle strategie aziendali, nei sistemi di governo, controllo e gestione dei rischi e nella informativa al mercato degli intermediari vigilati.
Il documento è rivolto a tutti i soggetti la cui attività è sottoposta ad autorizzazione e vigilanza della Banca d’Italia (banche, intermediari finanziari, istituti di pagamento, società fiduciarie etc).
Il documento utilizza le definizioni di rischi climatici e ambientali adottate dalla BCE (ECB Guide on climate-related and environmental risks) e dall’EBA (EBA report on management and supervision of ESG risks for credit institutions and investment firms). Si fa in particolare riferimento al rischio fisico e al rischio di transizione.
Il rischio fisico si riferisce all’impatto economico derivante dall’atteso aumento di eventi naturali la cui manifestazione può essere definita “estrema” ovvero “cronica”. I rischi fisici acuti dipendono dal verificarsi di fenomeni ambientali estremi (come alluvioni, ondate di calore e siccità) legati ai cambiamenti climatici che ne accrescono intensità e frequenza. I rischi fisici cronici, invece, sono determinati da eventi climatici che si manifestano progressivamente (ad es. il graduale innalzamento delle temperature e del livello del mare, il deterioramento dei servizi ecosistemici e la perdita di biodiversità). Tutte queste tipologie di eventi influenzano il livello dell’attività produttiva e la possono compromettere anche in modo permanente.
Il rischio di transizione si riferisce all’impatto economico derivante dall’adozione di normative atte a ridurre le emissioni di carbonio e a favorire lo sviluppo di energie rinnovabili, dagli sviluppi tecnologici nonché dal mutare delle preferenze dei consumatori e della fiducia dei mercati.
Entrambi i rischi si configurano come elementi che influenzano i rischi prudenziali tradizionali, quali quelli di credito, di mercato, operativo e di liquidità.
Una governance robusta costituisce un presupposto fondamentale per lo sviluppo di un modello di business sano e resiliente. Gli organi di amministrazione e controllo e le strutture interne degli intermediari sono costantemente chiamati a confrontarsi con nuove sfide poste dall’evoluzione del contesto esterno, delle fonti di rischio, del framework regolamentare e di vigilanza, indirizzando e governando il cambiamento. La crescente rilevanza assunta dai rischi climatici e ambientali richiede quindi agli intermediari di valutare come integrare tali rischi nei processi decisionali e negli assetti organizzativi e operativi, predisponendo appositi piani di azione.
Rischi fisici | Rischi di transizione | |
Rischio di credito | La maggiore vulnerabilità ai rischi fisici di talune aree geografiche (ad es. aree soggette a rischi idrogeologici) o di alcuni settori economici (ad es. agricoltura) potrebbe provocare un peggioramento del merito creditizio della controparte (ad es. trend di PD e LGD). | Iniziative legislative e regolamentari volte ad accelerare la transizione “green” potrebbero generare – soprattutto se introdotte in modo disordinato e inatteso – maggiori costi e/o minori ricavi per quelle imprese con maggiore impronta carbonica, c.d. “brown” (ad es. settore della trasformazione e trasporto delle energie fossili, automotive, ecc.), con conseguente peggioramento del merito creditizio della controparte. Questo rischio si intensifica per quelle imprese il cui modello di business non risulta proiettato verso un’economia circolare. |
Rischio di mercato | Eventi climatici sfavorevoli potrebbero causare perdite per controparti più esposte, con una variazione delle aspettative di mercato e, quindi, una riduzione di valore e/o un incremento della volatilità del pricing dei titoli emessi da questi soggetti. | Modifiche normative volte ad accelerare il processo di transizione verso un’economia circolare potrebbero comportare una riduzione di valore e/o un incremento della volatilità del pricing dei titoli emessi da soggetti “brown”. |
Rischio operativo/reputazionale | La manifestazione di eventi climatici estremi (ad es. evento alluvionale di impatto rilevante) potrebbero compromettere la continuità operativa degli intermediari (e.g. danneggiamento dei locali commerciali o dei server), con conseguenti perdite operative. | La crescente attenzione e sensibilità dei risparmiatori verso i temi climatici ed ecologici potrebbe intensificare i rischi di reputazione derivanti da scelte allocative non allineate con le aspettative degli stakeholder nonché i rischi di natura legale connessi a comportamenti non conformi alla tutela ambientale o a pratiche di greenwashing. Inoltre, rischi reputazionali potrebbero coinvolgere gli intermediari che non abbiano definito chiari obiettivi di riduzione delle emissioni gas serra12, come prescritto nel Fifth Assessment Report dell’Intergovernal Panel on Climate Change (IPCC), e nell’Accordo sul Clima di Parigi. |
Rischi di liquidità | Il verificarsi di un evento climatico sfavorevole potrebbe: i) portare il cliente ad attingere ai propri depositi per finanziare le spese di riparazione e ristrutturazione, con conseguente contrazione della liquidità della banca; ii) determinare un repricing repentino di taluni strumenti finanziari detenuti dell’intermediario, con conseguente incremento del rischio di rifinanziamento. | La necessità di alcune controparti di sostenere spese volte a finanziare il processo di transizione verso un’economia a bassa emissione di carbonio (e.g. interventi su immobili e impianti) potrebbe contribuire alla diminuzione dei depositi della banca. Iniziative normative a sostegno della transizione “green” potrebbero determinare una riduzione del valore dei titoli emessi da aziende “brown” e detenuti dall’intermediario come attività prontamente liquidabili, con conseguente contrazione delle riserve di liquidità. |