Nonostante decenni di studi e vertici sul clima, le emissioni di gas serra continuano a salire. Lo scienziato dell’energia Vaclav Smil sostiene che è ora di smettere di rimbalzare tra previsioni apocalittiche e modelli rosei di rapidi tagli di CO2 e di concentrarsi sul difficile compito di rifare il nostro sistema energetico. Un interessante approfondimento su YaleEnvironment360 e uno spunto da duegradi, sulla “sobrietà energetica”.
Negli ultimi anni la quota di produzione da rinnovabili è aumentata di 50 volte, ma la dipendenza da fonti fossili non è diminuita sensibilmente, passando a livello globale da un 87% ad un 85%. Vuol semplicemente dire che siamo sempre più consumatori di energia e che, di questo passo, non riusciremo a centrare gli importanti obiettivi se non ripensiamo radicalmente e strutturalmente il nostro sistema energetico.
Possiamo procedere abbastanza rapidamente con la sostituzione dell’elettricità prodotta dal carbone con il gas naturale (che, se prodotto e trasportato senza significative perdite di metano, ha un’intensità di carbonio sostanzialmente inferiore a quella del carbone) e con l’espansione della produzione di elettricità solare ed eolica. Possiamo abbandonare i SUV e accelerare la diffusione su larga scala delle auto elettriche. Abbiamo ancora grandi inefficienze nell’edilizia, nell’uso domestico e commerciale dell’energia che possono essere ridotte o eliminate con profitto.
La decarbonizzazione della produzione di energia elettrica è quella che può compiere i progressi più rapidi, perché i costi di installazione per unità di capacità solare o eolica possono ora competere con le scelte meno costose dei combustibili fossili. Alcuni Paesi hanno già trasformato la loro generazione in misura considerevole.
Sono possibili importanti riduzioni delle emissioni di anidride carbonica, grazie alla combinazione di continui aumenti di efficienza, migliore progettazione dei sistemi e moderazione dei consumi, e il perseguimento deciso di questi obiettivi limiterebbe l’eventuale tasso di riscaldamento globale. Ma non possiamo sapere fino a che punto ci riusciremo entro il 2050 e pensare al 2100 è davvero al di là della nostra portata. Per esempio, c’è stato un solo modellatore climatico che nel 1980 ha previsto il più importante fattore antropico che ha determinato il riscaldamento globale negli ultimi 30 anni: l’ascesa economica della Cina?
Ciò che rimane in dubbio è la nostra determinazione collettiva – in questo caso globale – ad affrontare efficacemente almeno alcune sfide critiche. I Paesi ricchi potrebbero ridurre di molto il loro consumo medio di energia pro capite e mantenere una qualità di vita confortevole. La diffusione di semplici soluzioni tecniche, che vanno dall’obbligo di finestre con tripli vetri alla progettazione di veicoli più resistenti, azioni che avrebbero effetti cumulativi significativi.
La prima grande ragione per cui è necessario che energie rinnovabili ed efficientamento siano coniugati con politiche di sobrietà energetica, risiede nelle differenze sostanziali tra le energie fossili e le energie rinnovabili. Il nostro modello economico, così come la crescita della produzione di beni e servizi, si basa su un tipo di energia dalle caratteristiche molto specifiche e strumentali alla crescita stessa.
Le energie rinnovabili, invece, presentano diversi “difetti” se paragonate alle fonti fossili. Si tratta infatti di energie più diffuse, l’accesso alle quali è condizionato alla costruzione di un complesso sistema di infrastrutture. Sono inoltre energie la cui produzione è legata a flussi naturali intermittenti, ragion per cui necessitano la creazione di unità di stoccaggio in grado di garantirne la disponibilità permanente. Per non parlare del sistema industriale necessario a estrarre i metalli di cui queste infrastrutture sono composte: tante macchine, ancora oggi fortemente dipendenti dai combustibili fossili, che entrano in gioco.
Inoltre la riduzione dei consumi associati a un bene o a un servizio porta spesso con sé un aumento della domanda e quindi dei consumi stessi. Banalmente, se le spese di riscaldamento dovessero diminuire, potremmo avere la tentazione di riscaldare il nostro appartamento o la nostra casa di più rispetto a quanto facevamo prima dei lavori di efficientamento energetico (si tratta del famoso “paradosso di Jevons“).
Per rimanere entro il grado e mezzo di aumento delle temperature medie mondiali rispetto ai livelli preindustriali, tra il 2020 e il 2030, dovremmo ridurre le emissioni mondiali del 7,6 % ogni anno. Per dare un’idea della portata di un tale sforzo di mitigazione, nel 2020, quando l’economia di una parte importante del mondo è stata costretta a rallentare a causa della pandemia mondiale di Covid-19, le emissioni sono diminuite di 5,8 punti percentuali rispetto alle emissioni prodotte nel 2019.
Le ragioni a sostegno della sobrietà non si limitano al solo settore energetico: le infrastrutture necessarie per lo sviluppo delle energie rinnovabili comportano, nella maggior parte dei casi, il consumo di ingenti quantità di materiali (litio, cobalto, silicio, …) e di estese superfici di suolo.
In questo senso, un’espansione indiscriminata delle rinnovabili non potrà che accrescere le pressioni esistenti su delle risorse finite e strategiche. La pressione sui terreni agricoli, forestali e naturali è destinata a crescere sotto gli effetti del cambiamento climatico e assegnare sempre più terra allo sviluppo delle energie rinnovabili potrebbe mettere a rischio la sicurezza alimentare, ridurre la biodiversità e la capacità del suolo di assorbire il carbonio.
FONTI:
https://e360.yale.edu/features/beyond-magical-thinking-time-to-get-real-about-climate-change